Chi convive ha molti degli stessi diritti e doveri delle coppie unite dal matrimonio: l’interpretazione dei giudici ha allargato le tutele anche alle coppie di fatto.

La famiglia non è fondata solo sul matrimonio, ma su una comunione di vita materiale e spirituale: ragion per cui anche i conviventi (cosiddette “coppie di fatto”) godono di gran parte dei diritti riconosciuti alle coppie sposate. Questo allargamento di tutela, per quanto non previsto in alcuna legge, è il risultato di una interpretazione dei giudici che ha portato a un progressivo avvicinamento delle due figure: quelle delle coppie unite da matrimonio e quelle, invece, senza tale vincolo. Insomma, oggi i conviventi possono dire di aver raggiunto dei notevoli traguardi rispetto al passato. E questo a prescindere da accordi, contratti, testamenti e deleghe fino a ieri necessarie per garantire, al proprio partner, i diritti che spetterebbero al coniuge. In ogni caso, resta ferma la possibilità di stipulare un contratto di convivenza.

In questo senso vanno peraltro visti alcuni recenti interventi del parlamento: quello del 2001 [1] con cui è stato estesa ai conviventi l’applicazione delle misure contro la violenza nelle relazioni familiari; nonché l’approvazione, di poco tempo fa, da parte del Senato, del disegno di legge sulle unioni civili e convivenze di fatto (con cui vengono formalizzati gli stessi diritti già riconosciuti dai giudici come il subentro nella locazione, l’assistenza ospedaliera, il mantenimento temporaneo dell’ex in difficoltà).

Quali diritti non hanno le coppie di fatto

  • Fedeltà – Il più incisivo dei doveri che non spettano alle coppie di fatto è il dovere di fedeltà: il convivente tradito non può chiedere addebiti e risarcimenti di alcun tipo (carte che, ovviamente, possono essere fatte valere solo nei giudizi di separazione).
  • Mantenimento – Altrettanto dicasi per il diritto all’assegno di mantenimento successivo alla separazione che riguarda solo le coppie unite dal vincolo matrimoniale. Tuttavia, con apposita scrittura privata, le parti possono concordare, a monte, per l’assunzione da parte di uno dei conviventi dell’obbligo di mantenimento dell’altro.
  • Eredità e comunione dei beni – Il convivente non è un erede legittimo e non gode di un diritto ereditario. Non gli resta che sperare del testamento. In ogni caso, con il testamento si può attribuire al partner solo la quota disponibile, cioè quella porzione del patrimonio che la legge non riserva ai familiari più stretti. Insomma, una tutela molto ridotta.
    Allo stesso modo, tra i conviventi non si instaura alcuna comunione dei beni. Per ovviare a entrambi i suddetti limiti (testamento e comunione dei beni), si può ricorrere ad un normale contratto di vendita o di donazione, con cui, ad esempio, si trasferisce al partner beni o diritti, o costituire in suo favore un diritto reale di godimento.
  • Reversibilità – Sempre in caso di morte del convivente, il partner superstite non può rivendicare pretese sulla pensione di reversibilità.
  • Tutela del patrimonio immobiliare – La coppia di fatto non può stipulare un fondo patrimoniale, destinato solo alle coppie sposate. Si potrebbe però costituire un vincolo di destinazione o optare – nel caso in cui si intendessero tutelare gli interessi di figli nati dall’unione – per l’istituzione di un trust.
  • Impresa familiare – La legge riconosce tutela, al pari del coniuge, al partner che abbia prestato la propria attività all’interno dell’impresa familiare.

Quali diritti hanno le coppie di fatto

  • Possesso dell’abitazione – Se l’abitazione è di proprietà di uno dei due, egli non può sbattere fuori di casa l’altro, dall’oggi al domani. Quest’ultimo infatti vanta un diritto di possesso che non gli può essere negato. Se la casa è, invece, in affitto, con la morte dell’uno, il convivente ha diritto di subentrare nel contratto fino alla sua naturale scadenza.
  • Maltrattamenti in famiglia – Il reato di maltrattamenti in famiglia prescinde dall’esistenza di un matrimonio formale e, quindi, l’illecito penale scatta anche nei riguardi del partener senza la fede.
  • Affidamento dei figli – Stesso discorso per quanto riguarda l’affidamento dei figli: non perché la coppia non è sposata, i figli non debbono essere “gestiti”, dopo la rottura, da entrambi gli ex conviventi. Il dovere di mantenimento, il diritto di visita e l’affidamento condiviso non conoscono differenza tra coppie che sono salite sull’altare e coppie che, invece, non lo hanno fatto.
  • Risarcimento del danno – Se uno dei due coniugi muore per fatto illecito altrui (per esempio un incidente stradale), il superstite ha diritto ad essere risarcito al pari di un coniuge. Non ogni convivenza, però, fonda un’azione risarcitoria. Il diritto al risarcimento scatta solo se la convivenza abbia una stabilità tale da far ragionevolmente ritenere che, ove non fosse intervenuta l’altrui azione, sarebbe continuata nel tempo.
  • Violazione degli obblighi familiari – Versare del denaro al partner, durante la convivenza, configura, nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza, l’adempimento di un’obbligazione naturale, essendo espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo. Pertanto è legittimo richiedere, nei confronti dell’ex convivente, il risarcimento dei danni per violazione degli obblighi familiari.

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